Primi passi nella fibromialgia
La Fibromialgia o Sindrome Fibromialgica (SFM) può essere definita come una sindrome dolorosa cronica, caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso in tutto il corpo, in particolare il rachide e gli arti superiori e inferiori, e da astenia (stanchezza). Oltre al dolore compaiono spesso altri sintomi caratteristici, come stanchezza generalizzata, cefalea, disturbi del sonno, ansia o depressione, difficoltà di concentrazione e memoria, disturbi intestinali.
Questa è una delle malattie della sfera reumatica in assoluto più diffuse: solo in Italia si può stimare che ne siano affetti circa 2 milioni di individui, di cui la maggior parte sono donne (rapporto 9:1).
Il comportamento di questa malattia, la diagnosi e i criteri di classificazione sono ancora oggetto di dibattito e, quindi, lo sono anche le strategie di trattamento. Nell’ultimo decennio la comunità scientifica ha cominciato a studiare questa patologia, non solo come modello di cronicizzazione del dolore, ma anche come esempio della complessa interazione tra i fattori biopsicosociali e il comportamento stesso della malattia.
Sebbene i criteri diagnostici siano abbastanza precisi nel delineare i tipici sintomi dei pazienti con fibromialgia, le persone che soffrono di questa malattia devono in realtà essere suddivisi in sottopopolazioni sulla base dei loro sintomi principali: in particolare, è importante separare quei pazienti la cui principale lamentela è il dolore, da quei pazienti che hanno come problematica principale quella del disturbo dell’umore (principalmente ansia, depressione e disturbi del sonno). Creando questi ipotetici sottogruppi di pazienti i professionisti del settore possono indirizzare le persone verso il miglior approccio terapeutico possibile.
Non vi sono ancora abbastanza dati che mostrano come la diagnosi precoce di Fibromialgia possa influenzare la progressione clinica, ma è chiaro che il riconoscimento precoce della sindrome o dei sintomi prodromici potrebbe prevenire l’uso di farmaci, preferendo invece approcci non farmacologici come la psicologia o il ricondizionamento fisico.
Terapia multimodale
In questo tipo di patologia è quindi necessario un tipo di trattamento assolutamente personalizzato in base al caso specifico.
I problemi che si instaurano nei pazienti non solo con la Fibromialgia, ma con il dolore cronico in generale, devono essere analizzati nella pianificazione, sviluppo e priorità di interventi per migliorare la cura del dolore e per prevenire il peggioramento dei sintomi.
Da questo punto di vista è difficile interpretare studi randomizzati controllati, che prendono un campione casuale di popolazione con Fibromialgia e misurare l’efficacia del trattamento medio.
Ci sono alcuni fattori di rischio noti per la Fibromialgia in via di sviluppo; tra gli altri dolore
localizzato di lunga durata, qualità del sonno e stress. L’approccio terapeutico rimane multimodale e multidisciplinare, con un ruolo sinergico farmacologico e non farmacologico nella gestione del paziente .
I pilastri per la cura della malattia sono:
1) diagnosi medica/reumatologica ed eventuale trattamento farmacologico;
2) educazione e rinforzo fisico del paziente;
3) psicoterapia;
4) alimentazione.
Diagnosticare il problema, educare i pazienti alla malattia e al trattamento, e l’avvio di un programma di fitness (regime di esercizio e corretta alimentazione) sono i primi passi per una presa in carico, avviando anche un produttivo rapporto medico-paziente permettendo un processo decisionale condiviso.
La terapia farmacologica dovrebbe essere basata sulle esigenze individuali del paziente, così come le terapie non farmacologiche. Educazione, terapia cognitivo-comportamentale e esercizio terapeutico hanno forti prove di efficacia nella Fibromialgia, in particolare per il miglioramento del dolore e della qualità della vita.
È importante che i pazienti con Fibromialgia comprendano la loro malattia prima dell’assunzione di eventuali farmaci.
Ci sono alcuni elementi chiave fondamentali:
1) Rassicurare il paziente che la Fibromialgia è una vera malattia, legittimando il suo/la sua sofferenza. Inoltre, bisogna chiarire che la Fibromialgia, sebbene sia una condizione invalidante, non è progressiva e non è completamente spiegata da un semplice danno ai tessuti periferici.
2) Parallelamente, va affermato che il paziente stesso ha un ruolo dominante nella gestione del comportamento della malattia. I pazienti dovrebbero essere in grado di apprendere le proprie, particolari tecniche e approcci per migliorare la qualità della vita. Questo è il concetto di “autogestione” e dovrebbe essere applicato per qualsiasi condizione cronica. Quando il paziente si convince che lui/lei può gestire effettivamente i propri sintomi, ecco che nasce il concetto di“autoefficacia”.
3) I fattori psicologici, nella forma particolare delle relazioni emotive e cognitive, svolgono un ruolo importante in molti pazienti, i quali dovrebbero essere incoraggiati a imparare tecniche di rilassamento e partecipare a programmi volti alla riduzione formale dello stress.
4) Un’alimentazione adatta è importante sia per gestire il livello di infiammazione dell’organismo sia per migliorare la qualità del sonno, nel paziente con Fibromialgia.
Nel nostro studio di Albano Sant’Alessandro troverete tutti i professionisti esperti in questo tipo di malattia, che possono indirizzarvi verso le migliori strategie di trattamento personalizzato e risoluzione del problema.
Luca Pozzolini, fisioterapista specializzato in disturbi alla colonna vertebrale, articolazione temporo-mandibolare e fibromialgia.